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Il management: funzioni e strategie

 

Gli studi sul management hanno come obiettivo quello di aiutare chi guida le aziende a soddisfare contemporaneamente i bisogni dell’uomo e l’efficienza lavorativa, in uno scenario che vede repentini mutamenti delle condizioni economiche e sociale, e che pone le aziende a dura prova, pressate dall’innovazione tecnologica continua e dall’allargamento dei mercati. Non si tratta dunque di imporre un modello organizzativo piuttosto di un altro, da realizzare ad ogni costo, bensì di favorire lo sviluppo di organizzazioni pronte a prevedere i mutamenti, consapevoli della necessità di continui rinnovamenti e basate su un’interdipendenza dinamica e creativa di persone o gruppi legati da stima e fiducia, capaci di condividere decisioni, obiettivi, responsabilità e controllo.

 

Il termine management ha un campo di applicazione molto ampio e, a seconda degli ambiti e del contesto, prevale ora il significato di gestione o di amministrazione, ora di controllo, ora di guida.

 

Al manager e/o imprenditore di oggi sono richieste competenze e abilità sempre più specifiche e diversificate: dal saper parlare in pubblico con efficacia al gestire e motivare il proprio team, dalla capacità di programmare le strategie aziendali alla pianificazione del marketing, dallo sviluppo di un sistema etico all’interno dell’azienda alla conoscenza delle tecniche per implementare l’efficienza.

 

Mentre nelle imprese di grandi dimensioni vi è una netta separazione tra proprietà e management, nelle piccole-medio imprese questa funzione è svolta dagli stessi proprietari-imprenditori, e magari continua ad esserlo anche quando l’azienda si ingrandisce e apre delle filiali o degli stabilimenti all’estero.

 

In questo modo si viene a creare un gap tra le competenze necessarie per affrontare le decisioni di pianificazione e gestione delle risorse organizzative all’interno di scenari complessi e quelle che sono le competenze effettive del dirigente-proprietario.

 

 

Tradizionalmente, le funzioni base che caratterizzano l’attività di management sono cinque:

  • pianificazione
  • organizzazione
  • guida
  • coordinamento
  • controllo

La pianificazione

 

La pianificazione aziendale può essere definita come il sistema operativo attraverso il quale l’azienda definisce i suoi obiettivi e le azioni per conseguirli.

Il sistema di pianificazione è normalmente connesso al sistema di controllo di gestione, che ha lo scopo di guidare verso il conseguimento degli obiettivi pianificati, e di far emergere un eventuale allontanamento dalle mete prefissate, con conseguente correzione delle strategie.

 

A seconda dell’orizzonte temporale preso in considerazione dagli obiettivi, si distinguono i seguenti tipi di pianificazione:

pianificazione strategica, quando si delineano obiettivi a lungo termine

pianificazione tattica, quando sono previsti obiettivi a medio termine (tra i tre e i cinque anni)

pianificazione operativa, in presenza di obiettivi a breve termine (non più di un anno).

 

 

L’organizzazione

L’organizzazione è il processo di suddivisione e coordinamento del lavoro all’interno del “sistema azienda”, che è costituito da persone e tecnologie. L’interazione tra questi due fattori produce il comportamento aziendale.

 

La divisione del lavoro è articolata in tre fasi:

  • scomposizione dei processi aziendali in attività basilari e raggruppamento di questi in compiti secondo criteri logici;
  • attribuzione dei compiti alle posizioni, ossia ai ruoli definiti all’interno dell’azienda. I compiti assegnati ad una posizione costituiscono le sue mansioni;
  • assegnazione di una o più persone a ciascuna posizione e creazione degli organi aziendali.

 

Secondo Mintzberg, a seconda dei compiti e delle mansioni vi è una diversa specializzazione. Vi è una elevata specializzazione orizzontale quando alla posizione sono assegnate poche attività e/o attività tra loro omogenee; si può parlare di elevata specializzazione verticale quando la posizione ha poca autonomia decisionale.

Possono dunque esserci:

  • posizioni ad alta specializzazione orizzontale e verticale (lavoro operativo);
  • posizioni a bassa specializzazione orizzontale ed alta specializzazione verticale (lavoro di supervisione);
  • posizioni ad alta specializzazione orizzontale e bassa specializzazione verticale (lavoro professionale);
  • posizioni a bassa specializzazione orizzontale e verticale (lavoro direttivo)

Quando viene diminuita la specializzazione orizzontale si parla di allargamento dei compiti (job enlargement); quando, invece, viene diminuita la specializzazione verticale si parla di arricchimento dei compiti (job enrichment).

 

Gli organi vengono raggruppati in unità organizzative alle quali è generalmente preposto un organo di comando (il responsabile dell’unità organizzativa).

Nella pratica, le unità organizzative nelle quali si articola un’azienda sono denominate in modo vario: “direzioni” “divisioni” “dipartimenti” “sezioni” “uffici” “reparti”.

 

La guida

 

Negli ultimi anni gli studi sulla guida in azienda si sono suddivisi in due filoni, quelli sul management e quello sulla leadership. Vi sono delle differenze comportamentali tra un manager e un leader ma le ricerche dimostrano che la capacità di essere leader e manager portano migliori risultati rispetto alla capacità di essere solo uno dei due:

le imprese hanno bisogno di entrambi i fattori per far funzionare i loro sistemi.

I manager e i leader trattano in maniera diversa i collaboratori, consentendo loro di concentrarsi su cose diverse e ponendo dei limiti con modalità diverse.

Se, idealmente, ponessimo le due modalità di guida agli opposti di un continuum, il manager rappresenterebbe l’estremo più strutturato, controllato, analitico e orientato alle regole, mentre il leader sarebbe connotato da un approccio più sperimentale, ideativo, destrutturato, flessibile e appassionato (Zigarmi et al., 2006).

 

Riportiamo ora uno specchietto che riassume le caratteristiche dei due soggetti:

 

Manager

Leader

Orientamento personale

Orientamento personale

Si considera il custode e il regolatore dell’ordine costituito, in un’ottica di crescita

Si considera separato dall’ambiente; scinde il proprio valore personale dal ruolo

Logico e razionale

Intuitivo ed empatico

Preferisce un approccio strutturato

Preferisce un approccio destrutturato

Orientato alla valutazione del rischio, preferisce avere un piano

Orientato all’assunzione del rischio; preferisce seguire un indirizzo generale

Usa la negoziazione; ama i dettagli e la praticità

Usa la persuasione; ama le idee generali e insolite

Consente ai dati di definire la realtà

Usa il Sé per definire la realtà

Consente alle persone di interpretare la realtà

Interpreta gli eventi, crea contesti per la comprensione

Orientato al presente e allo status quo

Orientato al futuro e al cambiamento

Orientamento verso i collaboratori

Orientamento verso i collaboratori

Si concentra sui fattori di controllo (obiettivi e ricompense) che inducono le persone a produrre risultati

Mira a creare una visione che induca le persone a condividere le sue emozioni

Poiché le emozioni creano ansietà, è distaccato e imperscrutabile

Apprezza l’emozione perché implica il coinvolgimento

Fissa obiettivi legati alle necessità e procedure che sono profondamente radicate nella cultura organizzativa

Fissa obiettivi legati alle convinzioni e apprezza le possibilità che riserva il futuro

Preferisce che siano i ruoli a definire la leadership

Preferisce che sia l’attaccamento emotivo a definire le relazioni

Ricerca un equilibrio tra potere e compromesso

Ricerca soluzioni vantaggiose per tutti

Si concentra sul “come” del processo decisionale, sul processo

Si concentra sul “cosa” del processo decisionale, sul contesto

Manda segnali indiretti con grande ambiguità per attenuare le emozioni

Invia messaggi diretti per generare e affrontare emozioni

Gioca sul tempo per arrivare a un compromesso e far entrare in gioco nuove problematiche

Usa il tempo per portare a conclusione i problemi e per mantenere la concentrazione su un numero limitato di questioni

Orientamento verso l’organizzazione

Orientamento verso l’organizzazione

Perpetuazione della cultura

Creazione di culture

Risultati di breve termine

Risultati di lungo termine

Si concentra sugli elementi tangibili

Si concentra sulla ricerca di elementi intangibili

Orientato alle singole componenti; non enfatizza le relazioni

Prospettiva olistica incentrata sui sistemi complessivi; ricerca il bene di tutta l’organizzazione

Porta sempre avanti lo stesso gioco

Formula nuove strategie

Crea un clima emotivo di soddisfazione nell’organizzazione, che coinvolge i dipendenti anche nel processo decisionale

Crea un clima di entusiasmo nell’organizzazione, che coinvolge i dipendenti in attività legate ai valori

Tabella tratta da: Drea Zigarmi et al., Essere leader, 2006, p. 199.

 

Il coordinamento

Il coordinamento ha, in un certo senso, un ruolo complementare alla divisione del lavoro, avendo lo scopo di:

  • armonizzare le decisioni e le attività degli organi e delle unità organizzative, tra loro e con gli obiettivi dell’azienda;
  • assicurare la fluidità delle attività, riducendo al minimo le interferenze e il mancato rispetto dei tempi. 

Il coordinamento è tanto più necessario quanto più i compiti sono complessi ed interrelati e quanto più l’organizzazione è complessa e diversificata.

 

Per un ulteriore approfondimento di questa tematica clicca qui.

 

 

Esistono diverse strategie di management:

 

il management by objectives (Mbo): è una modalità di direzione attraverso la quale il manager e i suoi subordinati individuano le scelte fondamentali dell’azienda e i suoi obiettivi prioritari, stabiliscono le rispettive aree di responsabilità, fissano gli standard per un rendimento elevato, determinano i criteri di comparazione dei risultati; così una volta discussi gli obiettivi e concordati tra manager e ogni singolo addetto, quest’ultimo si assume la responsabilità di impegnarsi per raggiungerli e informare periodicamente la direzione sullo stato di progresso (Brunetta et al., 2002). Secondo Drucker, che è stato il primo a presentare questa tipologia di management, l'efficienza organizzativa può essere raggiunta solo se le prestazioni di tutti i collaboratori sono consapevolmente dirette verso il conseguimento di obiettivi comuni e ben definiti. L’assunto di base è che non può esistere la possibilità di dirigere senza che sia stato prima deciso che cosa si vuole raggiungere. In questo modo, inoltre, si dà piena forza all’azione e alla responsabilità del singolo e nello stesso tempo si progetta un indirizzo comune di sforzi;

 

il management strategico: concepisce l’azienda secondo una logica sistemica, le cui componenti produttive, commerciali, logistiche, umane sono sempre in relazione tra loro e con il contesto esterno in cui l’azienda opera. Si viene a creare in questo modo una circolarità tra gli input derivanti dalle strategie aziendali, che trasformano risorse e materie in prodotti e servizi, e gli input di ritorno dal mercato, che apporteranno a loro volta cambiamenti nelle strategie. Porter (1987) ha individuato nella catena del valore uno strumento sistemico utile per prendere le decisioni strategiche mirate ad ottenere un vantaggio competitivo per la propria impresa. Al management strategico spetta un duplice compito: gestire le attività correnti dell’azienda e contemporaneamente cercare nuove opportunità, prevedendo i mutamenti, sviluppando l’attività interna attraverso la conoscenza del contesto esterno;

 

il management operativo: l’insieme di azioni messe in atto dal management e volte al raggiungimento di determinati obiettivi attraverso la cooperazione con il team. Si tratta di un’attività complessa, che richiede la gestione dei costi, del cambiamento, della qualità, delle risorse umane e dei flussi informativi che, solo se adeguati, possono aiutare i processi decisionali (Boutall, 1996);

 

il management imprenditoriale: lo spirito imprenditoriale si basa su principi che non variano da un’entità all’altra, che si tratti di una società commerciale, di un’istituzione di pubblici servizi o di una nuova impresa. Abbiamo già visto che manager e imprenditori hanno caratteristiche diverse. Secondo Kecharananta e Baker (1999), queste consistono nel fatto che il manager è orientato a garantire ciò che è necessario al mantenimento e all’accrescimento delle organizzazioni esistenti e l’imprenditore, invece, è caratterizzato dalla prontezza nell’individuare nuove opportunità e nel creare nuove strutture.  Ciò che però differenzia queste due figure più di ogni altro fattore è la propensione al rischio, molto più spiccata nell’imprenditore.

 

E’ possibile stimolare un maggior spirito imprenditoriale nella propria azienda? Secondo Drucker (1986) per ottenere questo risultato, è necessario agire in quattro direzioni:

  • stimolando una mentalità aperta all’innovazione e al cambiamento, a tal punto da considerare questi due fattori attraenti e vantaggiosi. L’azienda deve diventare avida di “cose nuove” (Brunetta et al., 2002);
  • programmando la formazione necessaria a implementare i risultati. Nell’attuare il cambiamento bisogna illustrare la logica che guida tale processo a tutti coloro che ne sono direttamente o indirettamente coinvolti;
  • stabilendo dei metodi organizzativi, retributivi e selettivi che rendano possibile attrarre e trattenere i migliori collaboratori, alzare il livello di motivazione, limitare il turnover, migliorare la comunicazione, incentivare il senso di appartenenza e il coinvolgimento attraverso l’adesione ai valori e alla mission aziendale;
  • prestando attenzione a non portare l’impresa fuori dal suo campo di attività, attraverso qualche tentativo d’innovazione sconsiderato.

 

Gli studi sul management hanno come obiettivo quello di aiutare chi guida le aziende a soddisfare contemporaneamente i bisogni dell’uomo e l’efficienza lavorativa, in uno scenario che vede repentini mutamenti delle condizioni economiche e sociale, e che pone le aziende a dura prova, pressate dall’innovazione tecnologica continua e dall’allargamento dei mercati. Non si tratta dunque di imporre un modello organizzativo piuttosto di un altro, da realizzare ad ogni costo, bensì di favorire lo sviluppo di organizzazioni pronte a prevedere i mutamenti, consapevoli della necessità di continui rinnovamenti e basate su un’interdipendenza dinamica e creativa di persone o gruppi legati da stima e fiducia, capaci di condividere decisioni, obiettivi, responsabilità e controllo.

 

 

Riferimenti bibliografici 

 Boutall, T. (1996) La guida del buon manager. 77 liste di controllo pratiche per la direzione quotidiana, Angeli, Milano.

Brunetta, M. et al., “Management e lavoro come fattori critici di successo”, in A. De Carlo (a cura di), Teorie & strumenti per lo psicologo del lavoro, Angeli, Milano 2002.

Drucker, P. F. (1986)  Innovazione e imprenditorialità, Fabbri, Milano.

Kecharananta, N. & Backer, H. G. (1999) “Capturing entrepreneurial values”, Journal of Applied Social Psychology, 29(4), 820-880.

Mintzberg, H. (1996) La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna.

Porter, M. E. (1987) Il vantaggio competitivo, Milano, Edizioni di Comunità.

Zigarmi, D. et al. (2006) Essere leader, Sperling & Kupfer, Milano.

 

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